Ciao! Questa puntata a sorpresa di erbette si costituirà di due parti: una è quella intuibile dal titolo, una mia piccola riflessione sulla cosmetica e le sue pratiche, un’altra è un piccolo aggiornamento sulla mia vita per raccontarvi i perchè di questo stop prolungato, come sto e cosa faccio :)
Ho iniziato a truccarmi tardi, forse alla fine della scuola media dopo aver ricevuto a Natale una trousse Pupa, di quelle che contenevano ogni tipo di prodotto poco scrivente e di colori che potevano essere adatti a una signora dell’età di mia madre. Ecco, parentesi rapida su mia madre perchè mi par di capire che il rapporto delle proprie madri con il make-up condizioni inevitabilmente quello di noi figli*, se donne in particolar maniera: lei si trucca tutti i giorni, ha un make-up base che ripropone composto da fondotinta, un po’ di bronzer e blush, imprescindibile matita blu/verde/nera intorno agli occhi, mascara e un rossettino rosa o pesca.
All’apice dei primi tutorial su youtube, mia madre non aveva granché da insegnarmi, ma mi permetteva di andare a scuola con ombretti, gloss e compagnia bella, nulla di troppo esagerato per una ragazzina tredicenne, ma ricordo che da un certo momento in poi c’era l’aspettativa che io mi truccassi ogni volta che avrei dovuto mostrare la faccia in pubblico. Anche adesso, quando parlo con mia mamma di come voglio vestirmi per un evento in particolare, lei commenta i miei outfit con “Bello, poi ti trucchi un po’ e hai fatto”.
Ho attraversato anche io il 2016 a suon di tentativi di cut crease, contouring e labbra matte con il contorno reso più grande dalla matita, ma non è mai stato davvero il mio genere. I miei tentativi di full face erano piuttosto deludenti, e con il passare del tempo trovavo che quello stile di makeup molto valorizzante per labbra carnose e zigomi alti mal si adattasse al mio viso.
Ho pensato di scrivere questo pezzo dopo che ieri, per la prima volta dopo anni, ho comprato un mascara, e ho guardato meglio come si compone il mio astuccio del make-up, qui illustrato.

Abbiamo:
Un prodotto viso a metà tra bb cream e illuminante (che non so se riuscirò mai a finire perchè odio tutte le basi viso), smalto trasparente rinforzante, smalto perlato e top coat, gel per sopracciglia, una matita occhi argentata, un blush in stick di un bel color lampone (rosa e color pesca VADE RETRO), due gloss colorati e uno trasparente, il Labello blackberry che metto praticamente tutti i giorni, e infine un rossetto viola/lampone di espressoh che uso per labbra e guance.
Ho qualche altra cosa come 3 matite di colori brillanti che uso per andare a ballare/al pride, e cose che mi porto dietro dai miei periodi di shopping compulsivo, ma di fatto in casa ho solo questo, e mi basta alla grande. Quando ho traslocato a Bologna sono stata bravissima, ho radunato mia madre e mia sorella e le ho lasciate razziare la mia collezione di rossetti opachi e matite labbra, molti comprati e mai usati causa covid e uso della mascherina, ed ecco come sono arrivata a questa trousse minimal.
Verso i miei 22 anni ho smesso quasi totalmente di truccarmi. In questi 4 anni la maggior parte del tempo non ne avevo voglia, e poi iniziava a crescere in me un sentimento di fastidio verso questa continua richiesta non tanto di perfezione, quanto di presentabilità.
Ne abbiamo parlato nella puntata di erbette sulle clean girls, il corpo femminile non è mai percepito neutro come quello maschile (ragionando in termini fortemente binari, come del resto fa largamente l’industria della bellezza), ma ha sempre bisogno di qualche aggiustamento o aiutino per essere accettabile e considerato meritevole di esistere nello spazio pubblico senza essere considerato strano, deviante o peggio, brutto.
Esiste una retorica, che io non condivido affatto, che vuole che le donne si trucchino per risultare più attraenti per il genere maschile, così come esiste un’altra linea di pensiero che descrive il make-up come strumento di empowerment, di affermazione quindi, un mezzo che le donne hanno a disposizione per disegnare la loro immagine come meglio credono. Purtroppo neanche quest’ultima visione mi trova d’accordo: penso infatti che chi difende il make-up in questi termini scelga volutamente di ignorare che la stragrande maggioranza delle donne che si trucca lo fa per rispondere meglio a un ideale estetico dominante, il che può essere letto in sguardo femminista come una tacita accettazione dei canoni imposti dalla società patriarcale attraverso un settore produttivo che si nutre delle insicurezze altrui, ma credo che ci sia anche un altro sguardo che è possibile adottare, sempre in ottica critica.
I canoni di bellezza ci sono, esistono da sempre e visto il tipo di società che abitiamo è normale cercare di somigliarvi, nonostante ciò non sia particolarmente sano. Il mio modo di truccarmi quando lo faccio, che ovviamente è simile a quello di molte altre persone, è mirato più che altro ad enfatizzare i tratti del mio volto che ritengo migliori, e ciò spesso va in contrasto con i suddetti canoni di bellezza, alle volte no. Quando lascio libero sfogo alla blush blindness di fatto evidenzio il mio viso tondo, mentre la bellezza mainstream lo vorrebbe con zigomi e mandibola ben definite, ma se metto il mascara sto aderendo all’idea che una donna, per essere bella, dovrebbe avere le ciglia lunghe.
Ora, credendo fermamente all’idea che ciascun* di noi è presentabile senza nessuna forma di trucco, che siamo tutt* liber* di truccarci o meno, e che la body neutrality sia un approccio positivo e un modo per rispettare i nostri corpi per quello che sono, la questione del make-up è diventata per me un dilemma non indifferente, e talvolta mi sento come se stessi cercando di ricreare “il mio aspetto naturale ma meglio”, in totale contrasto a quanto scritto sopra. Se mi piacessero gli ombretti e i rossetti colorati sentirei di meno questo dilemma, perchè chi vuoi che creda che ho veramente le palpebre celesti?
L’altro sguardo che possiamo adottare (e che provo a fare di recente per sanare il mio contrasto inferiore) si ispira a quanto scrive Riccardo Falcinelli in VISUS Storie del volto dall’antichità al selfie1, testo edito da Einaudi. Mi riferisco in particolare al capitolo in cui scrive
Dal punto di vista sostanziale non c’è differenza tra il mettersi l’eyeliner facendo curvare l’occhio in un certo mofo e decidere l’altezza della barba […] ecco perchè la cosmetica va considerata un arte figurativa: non perchè dipinge sulla faccia, ma perchè tratta la faccia come un quadro. […] Nel senso comune questa idea è ancora confusa e legata a faccende di genere. […] Cosmetico è insomma qualcosa che ripristina un equilibro dei lineamenti, e non un “trucco” o un “inganno”.
Messa così mi sembra finalmente di comprendere che quando uso il make-up lo faccio per ristabilire ai miei occhi l’ordine della mia faccia, quando ogni tanto penso che qualcosa non vada come dovrebbe e non mi fa sentire me. L’ideale a cui tendere non diventerebbe più quello di una qualche celebrità con botox e facelift, ma il nostro stesso volto per come lo vediamo e lo percepiamo bello, nel suo equilibro che può mutare ma non per questo non va apprezzato e giudicato poco presentabile.
Più che un uso del make-up quotidiano e guidato da questo principio dovremmo batterci, in ottica femminista e anticapitalista, contro il continuo spreco causato dalle aziende cosmetiche e da cicli di trend troppo veloci, contro il lucrare sulle insicurezze delle persone e cercare sempre di crearne di nuove, contro l’idea che solo un determinato look con annesso sforzo giornaliero renda belle o accettabili. Forse allora potremo davvero divertirci tutt* e rendere il make-up e la cosmetica veri oggetti di espressione personale.
long time no see: che cosa sto facendo?
Volevo aggiungere una postilla personale perchè è da un po’ che manco quassù. Oltre al master in Imprenditoria dello spettacolo a marzo sono stata presa al corso per Regista d’opera lirica2 al Comunale di Bologna. Questa esperienza si sta rivelando meravigliosa e ricca di stimoli, e mi sta dando modo di capire come farmi strada in quello che voglio che sia il mio lavoro. Ho sempre messo la passione per il teatro in secondo piano nella mia vita, credendo di non essere abbastanza capace per diventare qualcuno in questo mondo, e quindi ho fatto l’università e seguito altri interessi. Mentre cercavo lavoro dopo la laurea ho realizzato che qualsiasi cosa avessi potuto trovare in ambito moda e comunicazione (argomenti che comunque amo e che saranno sempre di mio interesse) mi avrebbe lasciato l’amaro in bocca di non aver nemmeno provato a diventare una regista come sognavo. Quindi eccoci qui.
Il corso va benissimo, è un ambiente in cui mi sto trovando bene e che da subito mi ha dato opportunità per mettermi alla prova (tipo a una settimana dall’inizio del corso ho iniziato a fare l’assistente alla regia per lo spettacolo del corso cantanti), ma mi toglie anche molto tempo. Questa estate dovrò scrivere la tesina per il master, e in autunno fare il tirocinio al Comunale, quindi non so bene come andranno i prossimi mesi, ma se avrò qualcosa da scrivere qui su erbette lo troverete in un lunedì inaspettato nella vostra casella mail, come un messaggio da un’amica che non si fa vedere spesso ma che ci tiene a condividere con voi quando le balza qualcosa in testa.
Grazie per aver letto fin qui, a voi buon inizio dell’estate e ci vediamo presto su questi schermi :)
ale
Testo consigliatissimo e molto interessante, insieme a tutti gli altri libri dell’autore, io totale bimba di Falcinelli.
Non credo di averlo mai detto qui ma io AMO l’opera, passione travolgente nata in età adulta dopo aver scoperto i musical, di cui magari un giorno parlerò nel dettaglio per spiegare perchè mi piace e perchè può interessare chiunque.